Già Tuchì, modo dialettale per chiamare quel vino che altrove è chiamato Tai o Friulano poiché, da quando l’Europa ha proibito l’uso del nome Tocai, tra Lombardia Veneto e Friuli Venezia Giulia le nuove denominazioni della stessa uva variano creando nel consumatore un po’ di confusione.
Infatti un tempo era il Tocai. Poi vennero gli ungheresi e l’Unione Europea: il Tocai non poteva più chiamarsi così, troppo vicino al celeberrimo Tokaij d’Ungheria, anche se le uve non sono proprio le stesse. Così i friulani, gente seria e quadrata, come ci siamo resi conto in tante situazioni, dopo qualche resistenza hanno adottato il nome “Friulano” (da Tocai Friulano, definizione storica estesa); i veneti, popolo allegro e legato alle tradizioni, lo hanno chiamato “Tai bianco”.
A San Martino della Battaglia, sponda sud del Lago di Garda, frazione di Desenzano del Garda molto vicina a Sirmione, zona stretta tra Lugana e Riviera del Garda Classico, qui si produce un vino “storico” ma poco noto: il San Martino della Battaglia DOC, che nasce appunto dalle uve Tuchì, altra denominazione!
“Una piccola, grande DOC, – spiega Gilberto Castoldi, presidente del Consorzio San Martino della Battaglia – piccola perché parliamo di 6 aziende per un totale di circa 50.000 bottiglie, grande perché storicamente il vino della zona nasce da quest’uva che da qualche anno chiamiamo Tuchì, e che nella storia è già documentata dai tempi della battaglia e di Francesco Giuseppe”.
Così per far conoscere questo piccolo fenomeno, per tutta la settimana dal 10 al 15 dicembre le sei aziende che producono questo vino entrano a La Porta del Vino: sono infatti a Milano, in Piazza Cinque Giornate, per presentare agli appassionati e agli operatori della metropoli le loro etichette.
Azienda Agricola Cadore, Azienda Agricola Citari, Azienda Agricola Cobue, Azienda Agricola La Feliciana, Azienda Agricola La Rifra, Podere Selva Capuzza.
La Porta del Vino, a Milano, in Piazza Cinque Giornate, nell’edificio che una volta ospitava uno dei caselli daziari di accesso alla città lungo le cosiddette mura spagnole, nasce per offrire questo simpatico e storico spazio e continuare la sua attività di promozione e divulgazione delle produzioni vitivinicole della Lombardia: “Dopo i vini di Milano e della Valcalepio che tanto interesse hanno suscitato nei milanesi, – spiega Carlo Pietrasanta, vicepresidente del Movimento Turismo del Vino Lombardo – vogliamo continuare a proporre la grande qualità meno conosciuta, perché sappiamo che il pubblico di Milano è curioso e preparato e con noi, e con i nostri produttori, può scoprire ancora molto.”
In questa porta d’epoca zone piccole e poco conosciute al grande pubblico e spesso anche agli operatori del settore, propongono prodotti di grande qualità e di notevole interesse e si presentano in maniera conviviale: “Verrà presto anche il momento delle zone più conosciute della Lombardia, ma pensiamo che sia la scelta giusta cominciare da quelle che – pur essendo vicine e producendo vini di alta qualità – sono meno note sia al grande pubblico che agli operatori del settore. E guarda caso sono anche zone interessantissime e poco conosciute anche dal punto di vista turistico”.
Abbiamo potuto conoscere anche due produttori che hanno espresso la loro gioia nel rendersi conto che, pur piccoli, continuano a crescere, pensate che un produttore non ha potuto dare le sue bottiglie in degustazione perché finite…vendute!
Le storie sono simili, sono aziende agricole che hanno dalla loro oltre che un buon terreno e tanta voglia di fare, un bel contesto, un panorama che per tutte le stagioni dell’anno offre un tripudio di colori, soprattutto in primavera ed in autunno. Ma non solo perché è una zona abitata sin dal neolitico intrisa di storia e si vanta essere luogo di significativi episodi del passato.
La cascina dell’azienda Cobue si articola in due fabbricati distinti, di cui uno ad oggi è adibito ad abitazioni (fine 700, vestigia di un antico convento) mentre l’altro è ad uso di stalle con relativi fienili, una larga corte le separa portando, in leggera pendenza, ad un secolare ippocastano, silente testimone del perpetuo susseguirsi delle stagioni, degli eventi, degli uomini.
Francesco Citari, ingegnere, ora produttore di vino, ci racconta che sta ancora aggiustando il tiro per quel che vorrà sia il suo vino. Il nonno, omonimo, nel 1975 comprò l’azienda in un territorio che aveva conosciuto fin da bimbo creando un legame con questa terra che ha poi trasmesso alla figlia Giovanna e alla sua famiglia: al marito Ugo Mascini e ai figli Maria Giovanna e Francesco.
In 25 ettari di suolo morenico, che si estendono sui declivi esposti a Sud, 21 sono coltivati a vigneto con le uve tipiche di questo territorio, e il microclima dell’entroterra gardesano aiuta alla splendida crescita di questi vigneti aggiunta alla passione che entrambi i produttori hanno manifestato.
È allora da provare questo pezzo di territorio, noto storicamente molto tempo fa, questo San Martino della Battaglia, che è stato al centro della storia del Risorgimento con la famosa tenzone tra Piemontesi e Francesi da una parte e l’Impero Austriaco dall’altra, uno scontro feroce che sembra aver avuto entrambe le fazioni vincitrici. L’esercito di Vittorio Emanuele II rimase padrone del campo di battaglia dopo un ultimo sanguinoso assalto, per cui almeno tecnicamente fu certamente il vincitore della giornata!
Ma ora vincitore senza dubbio è il Tuchì che è allevato su suoli di tipo morenico, misti ad argille calcaree ricche di sali minerali. Sono la giusta combinazione per dare ai vini sapidità, finezza di profumi e una giusta struttura, mentre i suoli più calcarei regalano ai vini che nascono da uve cresciute su questi terreni, eleganza e longevità, questo, con il suo colore giallo citrino, tendente al dorato, con l’affinamento dal profumo evoluto, intenso, caratteristico e in bocca dal fresco sapore, secco o rotondo, con retrogusto leggero di mandorla, ha un tocco garbato, gentile ed elegante che ti conquista.