Lo sguardo va subito allo spazio, a quello che ispira il mio essere sempre architetto nel cuore. Ecco allora che la parete appare quasi d’impeto all’arrivo nel nuovo ristorante, meglio, come desidera il suo chef patron Roberto di Pinto, il ristorante Gastrocratico SINE, ed affascina con quei suoi colori e dimensioni che catturano la fantasia e che, al momento, non fanno quasi notare l’arredo fatto da un elegante bancone bar da aperitivo.
La sala principale attigua è un impianto che si allunga su Viale Umbria offrendo interessanti e ampie vetrate sul Parco “Marinai d’Italia” detto anche “Formentano”, con una grande luminosità che dicono, sarà resa a breve, dolcemente privata da alcune veneziane.
Il ristorante ha pochi giorni di vita, l’apertura è di dicembre, quindi si sta ancora agghindando anche per soddisfare questo suo porsi, con un occhio democratico, a un pubblico più giovane, ma con desideri di buona cucina.
I toni del rosa dei paralumi delle lampade, nella scritta fluorescente che riempie una parete con quella sua frase tanto cara a Di Pinto, “Suonna, ca sò suonne d’oro“, letteralmente “Sogna, che sono sogni d’oro“, ricordo imperituro che viene dal padre, le pareti dai toni grigio perla, i tavoli che allungano questo rettangolo, semplici, ma interessanti al tatto (ricordavano uno stile quasi giapponese con i colori nero e rosso lacca, mentre lo chef precisa che rispecchiano nel piano fatto di grigio punteggiato, la roccia del vulcano napoletano, il rosso del filo che contorna il piano, l’incandescenza della lava).
Un divano di pelle rossa stacca un po’, una serie di comode sedute ed alcuni tappeti, a definire gli spazi di vivibilità dei tavoli, una soffusa e piacevole luce rosa che scalda l’ambiente, un’atmosfera intima che avrà bisogno di uno studio forse d’insonorizzazione, pur essendo il soffitto molto alto, ma avendone purtroppo coperto le travi con un controsoffitto, rende l’ambiente accogliente e pacato. Ci starebbe l’aria di “la vie en rose”.
Una seguente sala più raccolta, dietro una parete inframmezzata da due alti archi che fanno pendant a quelli d’entrata, accoglie altri tavoli, ci sarà anche una terza saletta ancora in preparazione e raggiungeranno così una cinquantina di coperti con un tavolo in cucina per il menu a mano libera!
Un insieme sobrio elegante che, con la cucina a vista e l’accoglienza simpatica fatta da Alfonso, pure napoletano come una buona parte della brigata, ti mette subito a tuo agio pronto per una piacevole esperienza gustativa.
Si auspicano ottimi frutti per questo chef campano che ha alle spalle un bel curriculum e si appresta ad esporre la sua filosofia in questa ristrutturazione di una vecchia officina di moto di viale Umbria. Racconta che l’ha vista, l’ha trovata idonea e fatto il contratto un anno prima della dismessa della precedente attività e, vista la vicinanza alla sua abitazione familiare, ha trovato il locale calzante perfettamente a questo suo nuovo piano filosofico risultato di un passato di esperienze interessanti.
Uno chef che ama scrivere poesie sin da giovanissimo, poesie private, quindi con un cuore romantico, che ha iniziato come garzone nella pasticceria Scaturchio di Napoli per poi proseguire sui dolci partenopei come sfogliatelle, babà e pastiere, e che ha un bel passato. Entra nel mondo della catena Starwood, con la quale gira mezzo mondo, con i ristoranti stellati “Fiore” e “Conservatory” di Londra per poi tornare in Italia a Firenze al Grand Hotel. Una tappa importante la fa a Milano con il Diana Majestic, ma soprattutto poi con il Nobu prima di approdare a Parigi nel 2000 con Beltramelli, allievo di Marchesi e di Ferran Adrià. Lì s’imbeve di nuove tecniche legate alla cucina molecolare, prima come sous-chef e poi la grande occasione come Chef Executive al Bulgari.
L’incontro, che gli ha cambiato la visione di cucina, è uno stage da Gennaro Esposito nella Torre del Saracino dove ha riscoperto il valore e la meraviglia della cucina di casa. Ecco allora il progetto SINE, il primo ristorante gastrocratico dove raccontare la cucina delle radici e dei sogni per un pubblico più ampio, allargando i confini della cucina gourmet, della gastronomia di qualità, parlando a tutti non solo ad una ristretta élite, eliminando tutto ciò che può rappresentare un peso inutile sul piatto e quindi sul conto del cliente. “Perché avere tanti tipi di posate, tante tipologie di piatti, di bicchieri, bastano quelli indispensabili, ma importante è la materia prima usata e l’amore di come creare il piatto stesso“.
Menù a base stagionale con novità quotidiane, in altre parole il “Menù Gastrocratico” per cercare di fare cultura, rivolgendosi soprattutto ai giovani, con un’offerta accessibile, mettendo a disposizione degli Under 25 anche un tavolo ogni martedì con menù fisso a 35,00 €. E poi a pranzo, accanto alla carta, c’è una formula “business lunch” con piatti suggeriti dal mercato.
Voilà, ecco SINE – come recita lo chef che si appella al desiderio di eliminare il superfluo. “Voglio un servizio competente, ma non affettato e comfort per il cliente che si traduce, per esempio, in sedute comode e asciugamani in bagno. La cucina, invece, non dev’essere limitata dall’estetica e dalla ricerca della perfezione: i miei piatti si sviluppano intorno alla concentrazione del gusto, assecondando le mie radici mediterranee e le suggestioni apprese in viaggio”.
Così appaiono sul tavolo piatti scelti dal menu e non solo come:
Tartare brulé‘ di petto d’anatra, rapa rossa, melograno e falsa ostrica, Pluma iberica, mele, zenzero e friariello in tempura, Parmigiana di Nonna Lisetta, spuma di bufala e basilico Thai, e un piatto non in carta, fatto da pastina spezzata, pesci vari e quadratini di patata, semplice ma gustosa, come di casa, e a finire un dolce non dolce: lime, limone, limoncello e lemongrass.
Piatti scelti perché incuriosivano, ma il menu ha sei antipasti, cinque primi, cinque secondi e cinque dolci. La carta dei vini ricalca la filosofia del locale, accanto a bottiglie note, propone soprattutto vini ed etichette meno conosciuti, ma di grande qualità, frutto di un lavoro di ricerca soprattutto tra le regioni italiane e, se lo chef vi accompagna, vale la pena scendere nella sua cantina privata con soffitto a volta in mattoni… da vedere!
Viale Umbria 126 (angolo C.so XXII Marzo) 20135 Milano