In bianco o in rosso, ma comunque Pinot Nero!

Il passato francese mi fa appassionato del Pinot Noir, ora in terra italiana quindi mi interessa molto il Pinot Nero suo fratello, forse cugino, parente in quanto sembra che questo vitigno sia fra i più antichi di cui si hanno notizie storiche e che la sua terra di origine è molto probabilmente la Borgogna. Il Pinot Noir dicono sia coltivato in Borgogna da oltre 2.000 anni, con molta probabilità era già presente nella regione prima delle invasioni dei Romani. Già a quei tempi godeva di una certa notorietà ed era citato nei testi di autori come Plinio il Vecchio e Columella. Un nome Pinot che deriva dal francese pin che significa «pino» dovuto alla somiglianza tra la tipica forma del grappolo di quest’uva, compatto e serrato esattamente come il frutto del pino, la pigna.

Questo vitigno a bacca rossa da del filo da torcere ai coltivatori perché difficile da coltivare e da vinificare, quasi bizzoso e incapace di garantire quella continuità qualitativa e almeno, al di fuori della mitica Borgogna (e dello Champagne), è un vino quasi sempre di nicchia. Vitigno che, al di là dell’Europa, è coltivato in particolare negli Stati Uniti e diffuso, con risultati molto importanti, anche in Nuova Zelanda. Ma se ci interessiamo al nostro Paese ecco che quest’uva, tra le più apprezzate, si presenta proponendo due tipologie, una adatta ad essere vinificata in bianco, l’altra perfetta per dare origine ad un vino rosso.

Dal primo tipo, molto diffuso in Veneto, in Friuli e in Lombardia, particolare nell’Oltrepò Pavese, a cui sono dedicati 3.000 ettari, rappresentanti circa il 75% dell’intera produzione nazionale del vitigno, si ottiene un bianco abbastanza neutro, ottimo però se utilizzato come “base” per la produzione dello spumante cui conferisce corpo, complessità e notevole longevità.

Questo lembo di terra collinoso a sud della Lombardia, noto per essere il punto d’incontro di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna ha, grazie all’intuito dei vicini piemontesi (aziende come Gancia, Martini, Riccadonna etc.), che già dagli anni ’50 si dedicavano alla produzione degli spumanti, per il microclima, terroir, esposizione, escursioni termiche etc. ha combinati perfettamente gli elementi per offrire una qualità di Pinot Nero eccellente. Questa terra è anche, anzi soprattutto, antica dimora della vite.

La difficoltà nella produzione di vini con Pinot Nero è probabilmente anche il motivo della divisione fra gli appassionati. Per molti il Pinot Nero è capace di produrre vini di grande classe ed eleganza, probabilmente come nessun’altra uva, per altri invece è un’uva capace di dare vini poveri di emozioni. Ma basta pensare che quest’uva a bacca rossa è la più utilizzata per la produzione di spumanti, di cui la maggior parte sono prodotti con il metodo classico e vinificato in bianco, cioè separando le bucce dal mosto subito dopo averle pigiate con delicatezza.

Il Pinot Nero è inoltre il responsabile dell’affascinante colore degli spumanti rosati, ottenuto sia aggiungendo vino rosso prodotto con quest’uva, sia con vini rosati prodotti con il metodo del salasso o sanguinamento (saignée in francese). L’acino infatti ha una buccia sottile e quindi una capacità colorante modesta, ha un contenuto di tannini piuttosto basso, ma un’acidità piuttosto marcata. I vini prodotti con quest’uva sono relativamente delicati e per conservare l’acidità viene coltivata in zone a clima fresco per consentire una lenta maturazione e uno sviluppo elegante e ottimale dei suoi aromi. L’Oltrepo Pavese ne ha fatto un suo baluardo, visto che è considerata, sin dai tempi di Strabone, 130 A.C. , una zona di produzione di vini di qualità.

Allora ecco che, a La Porta del Vino, edificio storico concesso dal comune di Milano al Movimento Turismo del Vino, è stata presentata la serie di eventi dedicati a degustazioni, assaggi guidati, presentazioni di aziende vitivinicole, ma anche corsi di introduzione o approfondimenti sul mondo del vino e la scorsa settimana proprio incentrate sulla palette di colori, profumi e sapori del Pinot Nero.

Qui, dopo la presentazione della piccola Doc del Consorzio San Martino della Battaglia, poi della zona di San Colombano, l’area collinare che comprende le province di Milano, Lodi e Pavia, è stata proposta in degustazione e master class una gamma importante del Pinot nero e dei produttori dell’OltrePo Pavese, sempre con la professionalità di Carlo Pietrasanta, vicepresidente del Movimento Turismo del Vino Lombardo, e di Claudio Maspes – responsabile delle degustazioni e Matteo Lucchini che ci accoglie sempre.

“Affascinante, difficile, faticoso, raffinato: il Pinot Nero è una delle scommesse più impegnative per qualsiasi vignaiolo e qualsiasi enologo, – sostiene Valeria Radici Odero dell’Azienda Frecciarossa- tanto che può dare risultati di grandissimo valore in forme diversissime tra loro, dai bianchi ai grandi Metodo Classico fino alle vinificazioni più importanti in rosso e in rosso riserva”.

Così nella loro varietà, in diverse serate, si sono potute notare le “sfumature” possibili della vinificazione del Pinot Nero: bianchi, Metodo Classico in bianco e in rosa, grandi rossi.

Nella produzione di vini rossi, il Pinot Nero è nella maggioranza dei casi vinificato in purezza e piuttosto raramente miscelato ad altre uve. Nonostante i vini rossi prodotti siano spesso fermentati o maturati in botte, l’apporto del legno è molto bilanciato grazie anche alla scelta di botti con gradi di tostatura non eccessivi per non coprire i freschi ed eleganti aromi di quest’uva, ma serve a contribuire all’arricchimento del vino con i tannini ceduti dal legno e pertanto con un ruolo d’equilibrio.

Negli spumanti il Pinot Nero è generalmente utilizzato nella produzione dei metodo classico ai quali conferisce struttura e complessità aromatica. Nonostante l’affinamento in bottiglia renda generalmente il Pinot Nero più rotondo e carezzevole, l’acidità sarà una caratteristica che accompagnerà tutta l’evoluzione di questi vini. Uno dei fattori che saranno utili a bilanciare la spiccata acidità dell’uva è rappresentata dall’alcol che nei vini prodotti con Pinot Nero è spesso piuttosto elevata.

Allora riempiamo i nostri calici di Pinot Nero, vinificato in bianco, che costituisce la base per gli Champagne e per i grandi Metodo Classico del nostro Paese, a cui regala corpo, complessità e longevità e ricordiamo che la zona del Metodo Classico con questa uva è proprio per eccellenza in Italia l’Oltrepò Pavese, coi suoi 3000 ha (su 4000 circa nazionali) di vitigno e brindiamo ai prossimi eventi de La Porta del Vino!

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